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Se la parola fosse un sogno

Se la parola fosse il sogno?

Dalle pitture rupestri, di Lascaux o di Altamira.
Da qui potremmo cominciare.
A cercare un legame con quell’alfabeto di codici semantici che come luce ci guidano nell’interpretazione di un’immagine. Chiave a sua volta di un mondo – di segni/sogni? – che se non avesse parole a spiegarli non potrebbero essere comunicati.
La spirale si avviluppa.
Mi rendo conto che l’immagine necessita di parola per essere trasmessa e che il suono che la definisce proietta a sua volta immagini.
Ma da qualche parte deve essere l’origine.

Qualche parallelo solamente. O meridiano.
Spostiamoci di un poco e avremo bisogno di parole diverse, di altre immagini.
E qualcuno-qualcosa che le metta in relazione, perché noi si possa comprendere.
Che cosa ci fa quell’asino – ma c’è anche un bue! – alle spalle della culla?
Le ruote dentate, il cane con il pane in bocca, le frecce nelle gambe, dei bulbi oculari posati lì, su un piatto.
E poi un dito in una piaga?
E dei pesci e un leone e un capricorno – ma che cos’è un capricorno! – e due gemelli.
E poi dei piedi alati, un triangolo con all’interno un occhio.
Una conchiglia con una donna dentro. Un fulmine nelle mani di un uomo!

Ocra, rosso. E blu e giallo.
Oh no, ricominciamo! Altri simboli.
E perché sento freddo o caldo quando li guardo? Quel campo, diviso in due, con il sole di qua e la luna dall’altra parte, perché mi trasmette un’ansia sottile?
Il cane, altri strani animali e gli uccelli. Cosa stanno facendo?
Il cane mangia i vestiti dell’uomo. Un lampo spezza una torre.
Comincio a capire. Ma ancora non so. Però sento che il legame tra colori – forme – gesti inizia ad avere un senso. Non cerco parole dentro di me. La storia inizia a raccontarsi da sola, come in un sogno. E ciò che prima era assurdo ora mi sembra chiaro. Ho paura di svegliarmi. In un attimo tutto tornerebbe incomprensibile.

Susanna Viale è la regista di questa storia per immagini dedicata ai Tarocchi, al flusso di sentimenti che genera e ci trasporta. I simboli che utilizza sono a lei chiari, il loro significato evidente. Ma non dobbiamo necessariamente conoscerli per apprezzare il suo lavoro.

La storia dell’arte fa da sempre riferimento a un eterno gioco di rimandi e conoscenze, esperienze date e codici acquisiti, senza i quali il comune sapere non avrebbe lingua comune. E se si cercasse il punto sulla linea dove la parola ha dato senso all’immagine o quando la proiezione di un’idea è diventata un suono da comunicare, non lo si troverebbe. E quindi possiamo lasciarci calare nel mondo delle sue fantasie pittoriche senza dover dare un nome alle cose. E questo non pregiudicherà il godimento del suo lavoro artistico.
Chi volesse potrà invece dare nomi al mondo dei suoi personaggi leggendo il bellissimo libro a cura di Maurizio Cusani che accompagna la serie dei Tarocchi. O, per restare in tema, è il contrario?

Come i dipinti di Hieronymus Bosch possono essere spiegati, raccontati, così possiamo anche semplicemente lasciarci precipitare nel gorgo, abitato da esseri a noi ignoti. E comunque sentire.
Allo stesso modo Susanna Viale fa rivivere le consuete parabole morali dell’arte, che sono anche quelle di Bosch, rielaborando tutto in un idiosincratico sistema di simboli e rimandi che Cusani, nel libro, decifra nella loro complessità. Ma che noi possiamo anche solo apprezzare, come si fa con un’opera d’arte. Perché questo è ciò che sono i suoi rettangoli miniati. Opere d’arte in cui un sapere secolare trova riscontri e si fa strumento di una pratica antica.

La Sibilla Cumana di Michelangelo appartiene a quel popolo di veggenti e sacerdotesse di cui l’uomo ha da sempre avuto bisogno. Interpretare il passato è la via per comprendere il futuro. I Tarocchi illustrati di Susanna Viale sono l’equivalente del libro delle profezie, che la Sibilla vuole interpretare. E le sue carte sono appunto dei libri, che ci raccontano di legami ineludibili che permettono di cortocircuitare il tempo, rendendo l’avvenire un presente che non dobbiamo più interpretare, perché si sta svolgendo sotto i nostri occhi. Mentre mescoliamo i Tarocchi.

Susanna Viale è un’artista poliedrica, che ritrova i suoi interessi in svariati campi, che non sono solo quelli dei territori classici dell’arte, la pittura, la scultura, la fotografia, ma che si estendono a diverse discipline, dalla mitologia all’esoterismo e all’alchimia. In questo senso il suo lavoro interpretativo sui Tarocchi rappresenta un momento fondamentale della sua ricerca, in quanto racchiude nel lavoro artistico anche la sua passione per l’antropologica culturale, sociale e spirituale.

I greci dicevano che la meraviglia è l’inizio della conoscenza e quando smettiamo di meravigliarci inizia il pericolo di smettere di comprendere. Susanna Viale ci rivela, attraverso questo suo lavoro, un inesausto desiderio di conoscenza, una capacità infinita di ricomporre i moduli di un sapere antico secondo criteri compositivi personali che, senza tradire il significato originale del simbolo che devono illustrare, lo reinventano, con la fantasia propria dell’artista. Sa farsi amanuense, ma solo fino al punto in cui la necessaria coerenza con il racconto non le impedisce di esprimere la propria personale interpretazione.
Sa essere strumento e canto. Corda di violino e musica al tempo stesso. Un intero universo di riferimenti alla storia dell’arte fa scena di sé nei suoi racconti. La classica ieraticità dei fondi oro convive con l’ansia dell’incubo, raccontato da figure e mostri medioevali, che sembrano usciti da quel sonno della ragione che pareva aver perso il contatto con una storia già scritta. La luce spirituale dell’oro dei Bizantini trova nei frequenti fondi ocra un corrispettivo preciso, in una simbologia che vuole che, se usato come fondo di un dipinto, l’oro non identifichi una realtà, ma intenda alludere a qualcosa di altro, distante, irraggiungibile.
La Metafisica novecentesca fa da sfondo al racconto popolare, in un’alternanza di  espressioni ora colte ora dialettali. Un bestiario mitologico si fa attore di storie che paiono uscite da sfondi della pittura fiamminga e tardogotica. La stessa costruzione dell’immagine richiama quell’ambito: lo spazio che contiene i personaggi è rappresentato dall’alto, mentre i personaggi, inseriti in quello spazio, sono rappresentati da un punto di vista più basso. E questo genera una duplicità di punti di vista inconfondibile, tipica della pittura di area nordica.

Susanna Viale da vera pittrice ha incrociato tutti questi elementi di una conoscenza antica e a lei familiare in una storia complessa, fatta di infiniti rimandi culturali, ai quali non si è sottratta, anzi. Con studio attento ne ha rivisitato i luoghi, i significati, i simboli. Raccontando una storia che è la storia dell’uomo.

Romano Ravasio